Adesivi & Sigillanti

Sviluppo di un adesivo reversibile per una nuova ingegnerizzazione dei materiali compositi

Rachel Berkowitz
BERKELEY LAB

Le nanoparticelle di silice agganciate con una distribuzione di catene di polistirene (viola) si autoassemblano in reticoli esagonali. In base a come si dispongono le catene sulla superficie della particella, esse si intrecciano (viola) oppure si dispiegano (blu) quando compressi (Tiffany Chen; Ting Xu)

Gli adesivi per compositi come le resine epossidiche sono strumenti eccellenti per unire e riempire materiali come il legno, il metallo e il calcestruzzo. Eppure esiste un problema: una volta che il composito indurisce, rimane così in modo permanente, quindi è stata studiata una nuova tecnica. I ricercatori hanno messo a punto un polimero semplice che agisce da riempitivo potente e stabile che può essere dissolto in un secondo momento. Esso funziona come un gomitolo di lana aggrovigliato che, quando viene tirato, si dipana in fibre separate. Un nuovo studio condotto da ricercatori al dipartimento di Energia del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) ha dato evidenza a una tecnica per ingegnerizzare pseudolegami nei materiali. Anziché formare legami chimici, che è ciò che rende le epossidiche e altri compositi molto tenaci, le catene di molecole si aggrovigliano in modo del tutto reversibile. “Si tratta di una nuovissima tecnica per solidificare i materiali. Avviamo un nuovo percorso verso la creazione di compositi che non si allinea alle tecniche tradizionali”, ha affermato Ting Xu, scienziata senior del Berkely Lab e una delle prime autrici di questo studio. Esistono da sempre due modi per rendere forti e robusti i materiali polimerici.
In primo luogo, l’aggiunta di un agente indurente crea un reticolo intrecciato di molecole polimeriche tenute insieme da legami chimici permanenti. In secondo luogo, l’incremento della lunghezza delle catene delle molecole polimeriche fa sì che esse si aggroviglino sempre di più senza separarsi. Quest’ultimo caso, come dal pensiero di Xu, rende possibile una struttura reversibile e ha paragonato questa tecnologia a proteine flessibili che interagiscono senza creare legami chimici formando strutture molto robuste in natura che possono in un secondo momento dispiegarsi in filamenti costitutivi.
Xu e i suoi colleghi della Divisione di Scienza dei Materiali del Berkely Lab ha voluto elaborare le conoscenze partendo da questo concetto e ha iniziato con una raccolta di catene semplici di polistirene, aggrovigliandole per formare una struttura robusta e stabile per poi ripristinare il materiale allo stadio iniziale. “Supponiamo di avere un gomitolo di lana che è tutto aggrovigliato e che non riesci a dipanare”, ha aggiunto Xu. “Eppure se inizi a manipolare il filo, è possibile che si riesca a districarlo, ingannandolo”.
Con questa idea in mente, i ricercatori hanno agganciato le catene di polistirene alle particelle di silice con diametro di un centinaio di nanometri per creare ciò che la Xu ha soprannominato ‘particelle filamentose’. “Formando nanocompositi, queste particelle filamentose si autoassemblano in una struttura cristallina, forendo diversi spazi fra ogni unità da riempire. Lo spazio disponibile ad ogni catena di polistirene dipende dalla sua posizione nella struttura che, di conseguenza, determina il grado di aggrovigliamento”.

Immagini al microscopio delle nanoparticelle con le catene polimeriche agganciate prima (a sinistra) e dopo (a destra) della deformazione, che mostrano la formazione di nanofibre lunghe con catene polimeriche che si allungano (Tiffany Chen, Ting Xu)


Confinando le catene polimeriche in questi spazi minuscoli con differenti geometrie, Xu ha ridotto la libertà con cui ogni groviglio di catene di polistirene possono muoversi, in questo modo esercitando un controllo sulla grandezza dell’intreccio formato. Oppure, al contrario, sul non-intreccio: per certe posizioni la risposta allo schiacciamento si è rivelata un groviglio specifico di catene di polistirene che si districava in risposta all’applicazione di una forza.
“Il grado di aggrovigliamento con le particelle determina la loro risposta ad una forza esterna”, ha aggiunto Xu, professoressa del UC College of Engineering and College of Chemistry di Berkeley.
Regolando la dimensione della catena di polistirene, precisando dove e come molte catene si agganciavano ad ogni particolare della particella di silice, è riuscita a intervenire sulla risposta della struttura per dissipare le sollecitazioni esterne. Infine, questi parametri hanno dato la chiave per ingegnerizzare i ‘pseudolegami’ basati sulla formazione di grovigli.
Gli studi al microscopio hanno rivelato che mentre alcune catene diventavano rigide quando isolate, altre si districavano e si allungavano per dissipare le sollecitazioni esterne. Il risultato è stato un materiale a film di basso spessore robusto e forte, unito fermamente da pseudo legami di catene di polistirene intrecciate. Aggiungendo piccole quantità di catene di polistirene alle nanoparticelle assemblate le proprietà di resistenza al carico sono state rafforzate del 50%.
“Siamo veramente molto entusiasti ormai di come si sia riuscito a manipolare la struttura di polimero amorfo utilizzando l’isolamento delle nanoparticelle”. Ha continuato Xu. Finora, i polimeri amorfi si sono intrecciati in modo casuale, mentre le proteine si ripiegavano in modo positivo. Le variazioni della disposizione della catena di polistirene segna un punto di svolta importante che può essere utilizzato per ingegnerizzare compositi in modo intelligente. Inoltre, aggiungendo una goccia di solvente e agitando, il nanocomposito si dissolve nuovamente ripristinando la sua forma di particelle costitutive sospese: nessun legame chimico da rompere, da cui la possibilità di riprocessare i materiali.